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Fra canali mainstream, satellitari e sul web, è tutto un fiorire di delitti che diventano telenovele, dettagli morbosi, skyline alla CSI, investigazioni pseudo-giornalistiche, cacce all'assassino. Barbara D'Urso e la "tv del dolore", e l'ISIS esportatore di terrorismo, sono polarità lontane, ma anche nodi di una stessa rete che ci spinge a vivere un'idea di male sempre de-simbolizzata, de-storicizzata, in un apparato mediatico dove contano più le messinscene macabre, le drammaturgie scontate, le indignazioni da salotto e i sentimentalismi precotti, che non la filiera delle cause di un problema, la loro politicizzazione, la nostra responsabilità. Non solo. Viviamo in un regime delle paure. Da ciò che mangiamo ai virus che possono mettere a repentaglio la nostra salute, dai "mostri" che attentano a sicurezza e benessere alle emergenze climatiche, al non essere sufficientemente "strong" - come recita la pubblicità - per approfittare delle chance di narcisismo e affermazione che il mercato ci offre -, tutto ha l'aria del thriller... E allora: non saremo di fronte a una strategia capillare di controllo emozionale attraverso cui il sistema arriva a difendersi da ogni possibilità di rovesciamento, dicendo in ogni momento chi dobbiamo essere, come dobbiamo usare le nostre energie, e soprattutto chi sono i nostri "veri" nemici da combattere? Approfittando delle "anormalità" e delle "anomalie" per conservarsi più cannibale, amorale, fluido e feroce che mai? Il libro è un j'accuse fortissimo su quel terribile allaccio di informazione&spettacolo che ci rimanda una realtà del negativo sempre più banalizzata, desertificata e abitata da fantasmi.